venerdì 8 febbraio 2013

Zio Alberto

A Formia alla fine degli anni settanta c'era un cortile di brecciolini e sotto casa un bar e a fianco una pasticceria che la mattina alle 5 già si sentiva odore di cornetti che mio nonno si incazzava. A cento metri oltre l'asfalto si vedeva una distesa azzurra, dal balcone della camera da letto c'era la campagna di Umberto con in mezzo un rudere e attorno gli ulivi, poi i palazzi con le bouganville abbarbicate ai recinti, si attraversava la strada e di fronte c'era tutto il mare che volevi, a destra la torre di Mola, il porto, e in fondo il golfo di Gaeta, a sinistra il Miramare, il grattacielo, la piscina Europa, Santo Janni. Quando uscivano con la barca di nonno erano guai se ti imbranavi, perché andava giù di bestemmia, ed erano pataturco e cazzi a non finire, due strappi secchi al laccio dell'Evinrude e partivamo per polpi, spigole, sconcigli, cannolicchi; con nonno una volta ci spingemmo fino alla pila, tra Formia e Gaeta... erano giorni rari perché nonno in fondo era un sannita e quando si allontanava troppo da terra stava sul chi vive. Comunque quel giorno andammo, alla pila c'era un sole che spaccava le onde, e mentre stavamo lì a buttare lenze nonno alzò il mento verso un gozzo che ci stava a poppa e disse: - c'è zio Alberto - Non finì di dirlo che si aggrappò alla barca un dio emerso dagli abissi, un Nettuno con tanto di barba, abbronzato e scolpito come il terzo bronzo di Riace... da fico che era, mi guardò, sorrise e sparì di nuovo sott'acqua. Passò meno di un minuto, il tempo che io e nonno ci scambiammo un'occhiata, e lui riemerse e mi diede in mano una stella di mare rosso fuoco grande come una pizza, poi ci salutò con un cenno e nuotò di nuovo verso il gozzo... era la fine degli anni 70, la pila stava appollaiata come una sirena sul suo scoglio e sul mare crepitavano mille lucciole di sole. 
(30.10.12)

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