Sono
un incostante. Di un'incostanza incallita, fradicia, bieca da spugna
cangiante, da pioggia, da neve sciolta. E' un' incostanza incompresa
e autentica. Sono discontinuo perché sono incostante, è ovvio! Devo
cambiare, girare pagina di questo libro. Osservare i miei personaggi.
Dargli spazio. Altrimenti recito io, povero guitto, e mi annoio non
poco. E allora, quando i miei personaggi parlano, prendi nota, segui
il ragionamento, apprezza e taci finché dura la lettura fessa di
questo libro, perché quando giro la pagina, giro e poi sei fregato!
Punto e accapo. L'incostanza è la mia vita, perché finché vivo,
pur senza copione, critiche a parte, sono vivo e non è male. Allora
per la prima volta scrivo; tutti i libri che ho nella testa da quando
sono nato. E sono tanti i libri fatti di soggetti nati dal niente e
morti di niente, quasi accartocciati su se stessi; mentre erompevano
dalle meningi, queste intuizioni, piegavano sui lori piedi,
sparivano, tra le mani, figli incostanti miei prediletti, sguscianti
e svelti, facevano capolino e salutavano come dispetti. Ma io sono un
incostante ed il copione non mi è dato. Parlano i miei personaggi
per me e non mi anticipano niente; tutto in diretta. Allora scrivo e
basta e quando mi fermo, così senza preavviso, faccio solo ruotare
gli specchi, richiamo dalle pareti altri personaggi, e non dire che
non lo sapevi, che non ti avevo avvertito, mondo boia, che in fondo
leggi un incostante.
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