domenica 9 febbraio 2014

Quando avevo la febbre

Quando mi veniva la febbre, da ragazzo, io e mamma facevamo siparietti che duravano giorni. Io moribondo nel letto, quasi dovessi dettare le ultime volontà, e lei che minimizzava. Entrava nella stanza e con decisione mi schiacciava sulla fronte la sua mano fredda procurandomi un sollievo immediato: "Hai visto mà", le dicevo con un filo di voce. "Non fare mosse!" replicava, "mamma la febbre non è uno scherzo" mormoravo esanime, e lei: "aspetta che adesso muori!". Poi però si affacciava ogni tanto, col termometro, l'aspirina, la spremuta, il brodo caldo. Mamma se ci penso minimizzava tutto, niente sembrava spaventarla. All'epoca ero convinto che il suo coraggio si limitasse alle piccole contrarietà, alle cose risolvibili come una febbre. Mi sbagliavo. Nei tre anni di malattia, chiunque le chiedesse "Adriana come stai?" lei rispondeva a denti stretti "bene, bene". Penso che il cancro l'ha inchiodata nel letto per tutto quel tempo perché lei non gli ha mai dato la soddisfazione di lamentarsi, di ammettere che stava male. La mattina che è morta, la malattia si è arresa al suo coraggio, dopo averle chiesto come stava per l'ultima volta e aver ricevuto sempre la solita risposta: "bene, bene".

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