martedì 13 agosto 2013

LETTI... DI CARTA (Daniele Del Giudice - Lo stadio di Wimbledon)


"Anche se è stato un sonno breve, come questo di mezz'ora, dopo bisogna ricominciare tutto da capo. Sono procedure normali della continuità, e seduto in treno posso farle con delicatezza."

"Salto le righe, rileggo la stessa frase senza accorgermene. Non riesco a distinguere il ritmo delle parole dal ritmo del treno, dal ritmo del respiro, finché il corpo non resiste alla gravità a anche la bocca scende giù. Mi sono addormentato."

"Insomma lui viveva per il gusto di fare esperienze, già da giovane; non aveva mai impostato la sua vita proponendosi uno scopo ma come diceva lui stesso nel divertirsi a vivere. Divertirsi a vivere non è lo stesso che essere felici di vivere."

"Dico: -Non so. Una volta ho letto che "scrivere non gli interessava", un'altra che era "oltre il libro". Penso a tutto lo spazio che c'è tra queste due cose, a quanta fatica si fa ogni volta per spostare tutto al di qua o al di là. In mezzo potrebbe esserci uno scrittore senza libri. Lui non è l'unico, è pieno di scrittori senza libri, chissà quanti ce ne sono, anche adesso, in questo istante. Però lui ha scritto, in modo sotterraneo, parallelo, quanto bastava, per far capire che non avrebbe scritto. Per questo è lì, in quel centro. Ho letto anche che quel centro non esiste, è il vuoto. Certe volte mi sembra che non ci sia cosa più forte del vuoto, o del niente: taglia ogni questione, la rende perfetta, motivata."

"Cambiava pelle spesso, e qui anche stava la sua incapacità di realizzare; dimenticava ciò che aveva fatto, non per un voler superare ma per un lasciar cadere..."

"C'è sempre un momento quando sono a largo in cui succede; non so quanto è profondo qui, potrebbe esserci una secca o un basamento sottomarino, e magari adesso nuotando col piede potrei toccare un metallo arrugginito, un'ombra visibile e mossa, la punta di un'ala fracassata. Avvertirei sotto la pelle tenerissima dei piedi lo spessore gelido di una lamiera piena di buio, di una carlinga triste, piegata,; scivolerei sul fianco di un relitto disperso, mai localizzato, dunque ancora con tutti i resti o con quello che può restare dopo un'immersione così prolungata..."

"Lei riprende: -Vedere non è importante. E poi esiste il contrario: essere invisibili, quando si è in un particolare stato d'animo, opachi, da un'altra parte. Le è mai capitato?-"


"Sono fermo davanti al treno di alluminio, con alle spalle un sole basso, di taglio. Non sono mai stato così all'inizio, determinato e incerto. Aspettando che le porte si aprissero ho cercato nella tasca il margine del biglietto. Ho sollevato la borsa. Nell'altra mano tenevo il pullover, con la delicatezza con cui si tiene un bambino."

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